Controllo delle forze naturali, controllo del patrimonio emozionale, controllo delle interdipendenze sociali e delle relazioni interstatali; sono le vicende legate alla storia di queste quattro forme di controllo a scandire, secondo Norbert Elias, l'andamento della civilizzazione occidentale. Ed è allo studio dei loro meccanismi di funzionamento nell'arco di sequenze storiche secolari che Elias ha dedicato, in epoche diverse, la maggior parte delle sue energie intellettuali. Uno sforzo che però, al di là dei molti riconoscimenti formali e di quelli che potremmo chiamare gli 'effetti di scuola' - la comparsa, negli anni settanta, di una schiera di giovani studiosi impegnati ad approfondire i vari indirizzi di ricerca aperti da Elias - non sembra avere dato tutti i frutti sperati sul piano della ricezione culturale.
Sostanzialmente trascurato dagli storici, che l'hanno tutt'al più considerato uno storico della mentalità e dunque con poche cose importanti da aggiungere alla lezione già appresa dalle "Annales", Elias non ha avuto maggiore fortuna tra i sociologi, tra i quali peraltro ha sempre dichiarato di volersi annoverare, anche se le critiche che questi gli hanno rivolto hanno assunto, di volta in volta, accenti diversi. In Elias, infatti, essi hanno prima visto il portatore di un paradigma chiuso, vale a dire onniesplicativo, del processo di genesi della modernità, attuato attraverso una sintesi di temi ripresi da Weber e da Freud, e strutturato su un impianto sostanzialmente comtiano, tale da rendere il processo di civilizzazione una sorta di evoluzione lineare, solo marginalmente rallentata o deviata da epoche di regresso. Poi, in anni più recenti, come dimostra il libro di Hans Peter Dürr "Nudità e pudore", da poco uscito in Germania e dall'eloquente sottotitolo "Contro il mito del progresso di civilizzazione", la polemica si è spostata su un terreno ancor più diretto.
Il disincanto del mondo che ha accompagnato la nascita dell'età moderna - questa in sostanza la tesi di Dürr - non ha affatto portato avanti il processo di civilizzazione, ma semmai ne ha provocato una lenta erosione, un allentamento. A queste critiche, in ogni caso, Elias non ha mai sentito il bisogno di rispondere direttamente per puntualizzare la sua posizione, e ha sempre preferito lasciare ai suoi scritti il compito di dissipare gli eventuali dubbi circa il reale contenuto della sua riflessione. Una riflessione, come si sa, segnata dal paradosso di essersi venuta accumulando soprattutto nel corso degli anni settanta e ottanta, malgrado il suo autore sia diventato famoso per due lavori scritti entrambi negli anni trenta. Una cosa di cui molti dei suoi critici non sembrano avere tenuto particolarmente conto, continuando a pensare ad Elias come all'autore soltanto de "Il processo di civilizzazione" e "La società di corte".
In questi due ultimi decenni Elias ha invece notevolmente ampliato e modificato il suo campo d'interessi, volgendo la sua attenzione principalmente, da un lato, allo studio dello sviluppo sociale del sapere e, dall'altro, al problema dei rapporti interstatali. Ne sono testimonianza lavori come "Saggio sul tempo", "Humana Conditio", "La società degli individui", e appunto "Coinvolgimento e distacco". Si tratta di indagini che proseguono la ricerca lungo le linee tracciate da "Il processo di civilizzazione", ma che introducono anche forti elementi di novità. In queste opere, infatti, Elias, oltre a discutere i temi che gli sono più cari, apre una prospettiva d'indagine che non si ritrova nei testi meno recenti.
Al centro di "Coinvolgimento e distacco" c'è in particolare il concetto di "doppio legame", che Elias riprende da Gregory Bateson, e che utilizza per indicare ogni situazione in cui l'essere esposti ai pericoli di un qualche processo critico fa aumentare l'emotività delle reazioni umane. Questa elevata reazione emotiva diminuisce la possibilità di giudicare realisticamente il processo critico e quindi di reagire in modo appropriato (ed è interessante notare che Elias individua in un racconto di Poe, "Pescatori nel vortice", un modello esemplare di questa situazione). Tale concetto serve dunque ad Elias per indicare come l'incapacità di autocontrollo proceda di solito di pari passo con una elevata emotività del pensiero e dell'azione, in questo modo la possibilità di mantenere sotto controllo il pericolo resta ad un livello basso, mentre la reazione emotiva, in una sorta di circolarità automatica, viene mantenuta ad un livello elevato.
Questo concetto Elias lo applica in "Coinvolgimento e distacco", a due diversi contesti tematici. Innanzitutto, a partire dall'idea che l'importanza emozionale del sapere svolge, nella produzione e nello sviluppo della conoscenza, un ruolo non inferiore al suo valore cognitivo, con il suo ausilio Elias traccia il percorso che dalla visione magico-mitica del mondo sociale e della natura, propria delle società meno sviluppate, porta alla visione scientifica dominante nelle società contemporanee. Secondo Elias infatti, gli uomini appartenenti ad uno stadio inferiore della civiltà, possedendo un patrimonio di conoscenze assai più limitato del nostro, avevano standard di pensiero compenetrati in misura maggiore dai loro affetti, dai loro desideri e dalle loro angosce. Erano più fortemente orientati verso fantasie di tipo individuale e collettivo; e poiché disponevano di un sapere meno orientato in modo congruente alla realtà, anche la loro capacità di controllare i pericoli cui erano esposti era minore.
Più grande era di conseguenza l'insicurezza in cui vivevano e maggiore anche il loro interesse a spiegare gli eventi, in primo luogo gli eventi naturali, sulla base di un ingenuo riferimento a se stessi. La domanda che essi si ponevano non era "quale è il meccanismo immanente di questo fenomeno?", ma piuttosto "quale è per noi il suo significato?". L'intensità e la profondità della partecipazione emotiva, del coinvolgimento emozionale in tutti i fenomeni che a loro giudizio potevano influenzare la loro vita, lasciavano poco spazio per occuparsi di problemi che caratterizzano un più alto livello di distacco e ritegno affettivo. Secondo Elias il processo di civilizzazione ha avuto tra i suoi numerosi effetti, anche quello di produrre il necessario disincanto emozionale che ha reso possibile la formazione di un sapere scientifico più adeguato alla realtà, quantomeno nel campo di studio dei fenomeni naturali. Favorendo la comparsa di una struttura sociale della personalità più capace di esercitare un controllo consapevole sull'economia affettiva degli uomini, esso ha lentamente sciolto il vincolo del doppio legame per cui ad un alto livello di emotività e fantasia corrispondeva un basso livello di controllo sul mondo circostante, e ha consentito così la nascita di un atteggiamento scientifico basato sul distacco, sulla fredda osservazione dei fatti e sulla ricostruzione dei loro nessi causali.
Un ruolo ancora più importante questo concetto lo svolge, però, nell'analisi dei rapporti interstatali, l'altro campo di indagine affrontato in "Coinvolgimento e distacco". Già nel secondo volume de "Il processo di civilizzazioni", come del resto in "Che cosa è la sociologia?", si possono trovare degli accenni a questo tema, ma in questi testi esso viene visto alla luce del tradizionale meccanismo della monopolizzazione, per cui da una fase di libera concorrenza e di lotta per l'eliminazione degli avversari scaturisce una tendenza all'accumulazione delle occasioni di potere nelle mani di pochi individui e infine di uno solo. Negli anni ottanta, invece, l'attenzione di Elias sembra essersi concentrata prevalentemente sui processi interstatali di monopolizzazione delle occasioni, culminanti nell'equilibrio bipolare tra le superpotenze. In questa prospettiva, il concetto di doppio legame serve ad Elias per definire le relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica come relazioni in cui ciascuna delle due superpotenze vede nell'altra una minaccia, si forma una immagine falsificata dell'avversario e in tale modo si impedisce di analizzate la situazione con sufficiente distacco, finendo così per interagire sul piano internazionale in modo inappropriato. In questo rapporto, afferma Elias, si sente risuonare qualcosa di arcaico: l'insofferenza reciproca tra le tribù primitive, e si intravvedono i limiti reali del processo di civilizzazione, che non ha saputo prosciugare fino in fondo la palude di irrazionalismi che ancora circonda l'esistenza umana. Di qui una visione tutto sommato pessimistica circa il futuro dell'umanità, posta sotto la minaccia di un conflitto che, per la prima volta nella storia, rischia di non risolversi in progresso civile, ma di sfociare in una guerra nucleare con la conseguente distruzione di ogni forma di civiltà.
Non è forse il caso di parlare a questo punto di un "nuovo" Elias opposto all'Elias de "Il processo di civilizzazione". Tuttavia non si può fare a meno di notare come, in questo e in altri testi degli ultimi decenni, Elias abbia arricchito in maniera sostanziale la sua iniziale prospettiva d'indagine visto che al centro della sua attenzione non ci sono più soltanto i processi che portano ad un aumento della civilizzazione, ad una riduzione della violenza e alla creazione di tecniche sempre più raffinate di pacificazione, ma vi è anche, e in misura crescente, una analisi delle zone di pericolo, dei livelli di ostilità e dei potenziali di disgregazione che minacciano la civiltà occidentale. Elias si rivela, in buona sostanza, sempre più un sociologo politico e i suoi testi, sempre più, testi di sociologia politica nei quali viene adombrata una teoria della 'decivilizzazione'. Questa nuova teoria, del resto, non è rintracciabile soltanto in testi come "Coinvolgimento e distacco" o "Humana conditio" in cui Elias prende maggiormente in considerazione i rapporti interstatali, vale a dire gli squilibri che appaiono in seno alle relazioni di potere tra grandi aggregati umani, ma si può riscontrare anche in testi come "Quest for excitement" in cui Elias analizza un aspetto tutto sommato secondario della vita civile, il 'loisir'. Anche in questo ambito, afferma Elias, esiste il costante pericolo che si riaprano all'improvviso delle frontiere di rischio nelle relazioni tra gli uomini, e che l'autocensura delle emozioni individuali e collettive, su cui la civilizzazione si fonda, venga meno per lasciare il posto all'inaspettato riaccendersi dell'insofferenza reciproca. Contrariamente a quanto ritengono alcuni dei suoi critici, insomma, Elias sembra essersi molto interessato alle difficoltà che la civilizzazione incontra, soprattutto oggi, nel suo cammino. Ed è forse proprio partendo da questo versante della sua riflessione che dovrebbe prendere le mosse una seria riconsiderazione della sua opera, se vuole veramente mettere in luce, nel bene e nel male, il contributo offerto da Elias all'analisi delle strutture portanti del mondo moderno.
recensione di Roversi, A., L'Indice 1989, n. 5