L'appassionante ricerca di Norbert Elias e di Eric Dunning viene riproposta in un momento in cui non sono venute meno quelle inquietudini che già avevano indotto gli autori a sondare l'ambito dello sport come specifico terreno in cui "la civiltà delle buone maniere" è sottoposta costantemente agli eccessi dell'emotività e dell'eccitazione. Le manifestazioni di fanatismo e di teppismo ripropongono alla riflessione comune inquietanti interrogativi sulle componenti irrazionali della condotta umana e sul ruolo dell'aggressività nella convivenza sociale. Nel libro Elias e Dunning ripercorrono le tappe più significative dello sport - dai primi giochi olimpici, alla caccia alla volpe del XIX secolo, fino agli antecedenti del calcio e del rugby moderni e agli sport più attuali - secondo la chiave interpretativa maturata da Elias nel corso della sua lunga attività di studioso. Lo sport, attività legata al tempo libero, permette di individuare le propaggini di quel processo di civilizzazione, basato sulla repressione cosciente degli impulsi e delle passioni, uno dei principali fondamenti su cui si regge l'intera impalcatura delle società contemporanee. Sebbene i tempi in cui gli incontri di lotta libera si concludevano con lo strangolamento dell'avversario o in cui le partite di pallone sfociavano in tumulti popolari, si siano fatti sempre più lontani, sebbene cioè si sia imparato nel tempo ad apprezzare più il gioco che la mera vittoria, è bene ricordarsi che lo scarso autocontrollo delle emozioni può lasciar spazio all'ostilità e all'odio. Ma, a quel punto, lo sport avrebbe perso la sua ragione d'esistere.

source:

Il Mulino (from the re-edition 2001)